Elena Gozzi

Privacy Policy

Sulla gioia

Perché non dovrebbe essere possibile un’esistenza gioiosa? Perché non potremmo, a partire dall’aver cura di noi stessi, vivere felicemente? Perché non dovrebbe il gioco , espressione di gioiosa vitalità , appartenere alla costituzione psichica dell’uomo tout court, invece che , come solitamente si ritiene, solo a quella del fanciullo? Eugen Fink ( filosofo e fenomenologo allievo di Husserl e di Heidegger) sostiene che “ il gioco è un fenomeno della vita che uno conosce dall’interno…. che spontaneamente accade, illuminato da un senso, e accade ad ogni età (si pensi quanto gioco dissimulato si cela negli affari cosiddetti “seri “ degli adulti).” Così come il gioco esprime la creatività del bambino, esprime anche la creatività dell’adulto. Nell’esperienza l’uomo ritrova la sua parte più autentica e vera senza contattare la quale, si dica per inciso, l’uomo non può vivere una vita abbastanza sana, bella, nella quale vi sia spazio per il bene . Da dove zampilla la creatività ? Non lo sappiamo, è un mistero! La sensazione del mistero avvolge quindi tutta la nostra vita. Ma perché poi dovremmo immaginare questa insondabilità profonda come un’oscura notte nera fatta di solitudine e silenzio e non invece come un vasto orizzonte che tutto circonda, compenetra e accoglie? Allora potremmo diventare memori di queste parole scritte molti secoli fa….

” ma già volgeva il mio disio e ‘l velle, sì come rota ch’igualmente è mossa, l’amor che move il sole e l’altre stelle.”

Un momento di rigenerazione: la crisi

Crisi è quel momento in cui il vecchio muore
e il nuovo stenta a nascere.
Antonio Gramsci, Quaderni dal carcere
Avevo raggiunto uno stadio di tranquilla disperazione. Mi chiedevo :”Per cosa vivo?”. E allo stesso tempo mi sentivo in dovere di mantenere una facciata, date le mie responsabilità di marito, padre, e capo di una ditta promettente che coinvolgeva altre persone. Ma mi sentivo quasi morto dentro. Non me ne resi conto allora, ma raggiunto il fondo della mia “sofferenza spirituale” chiesi aiuto….
Da Silicio di Federico Faggin

Noi temiamo molto la crisi, ce ne teniamo a debita distanza nel timore che essa, ed in effetti sovente è così , ci produca sofferenza. Quello che però spesso dimentichiamo è che la sofferenza viene lo stesso e, non accettando, non accogliendo quel periodo di incertezza e di cambiamento, il dolore viene solo rimandato. Meglio sarebbe allora con i nostri strumenti ( si noti bene: tutti abbiamo strumenti!) addentrarci nel nostro mondo, conoscerlo, accoglierlo, riconoscerlo e realizzare un armonioso equilibrio fra la nostra vita interiore e il mondo esterno

Disturbo d’ansia generalizzato

Dall'enciclopedia “Il tesoro”- Il mondo delle fate
C'era una volta in Cina un imperatore che viveva nel suo splendido palazzo di porcellana preziosa, circondato da un immenso giardino ridente di fiori. A tutte le corolle il giardiniere aveva attaccato dei campanellini d'argento così nessuno avrebbe osato toccarle.... ….. trascorsero molti anni e l'imperatore si ammalò gravemente. Giaceva freddo e pallido nel suo gran letto sfarzoso e l'Angoscia con in capo la corona gli stava seduta sul petto e gravava pesantemente sul suo cuore. Una folla di fantasmi uscivano fuori dalle cortine di velluto: erano le azioni buone e cattive dell'imperatore e gli sussurravano “Ti ricordi? Ti ricordi? Ti ricordi?” Egli si sentiva soffocare da quelle voci e avrebbe voluto ascoltare un po' di musica....

I vissuti angosciosi dell'imperatore sono molti frequenti nella nostra epoca, in quanto ci troviamo a vivere in una società “liquida”(parafrasando Z. Baumann) e quindi incerta, con un diffuso senso di insicurezza e di paura, in cui predomina un senso di precarietà. La paura, lo sgomento, la preoccupazione, talvolta ben oltre la razionale entità dei problemi, diventano la cifra dominante della nostra esperienza.
Credo allora che l'esperienza di imparare lentamente a fondarsi sul proprio centro, rinforzandolo e anche “rieducandolo” e disidentificandosi per quanto possibile dalle componenti emozionali, sia di cruciale importanza. Invece che verso l'esterno, recuperare la capacità di andare dentro perchè è solo in questo centro che zampilla la nostra creatività e vitalità.
Nell'imperatore emerge intenso il bisogno di “un po' di musica” cioè il suono, la vibrazione (anche della parola, della parola buona) che riattivi quei recettori di profondità resi opachi e atrofici dalle troppe o troppo precoci mortificazioni subite. E' da lì che occorre ripartire!

Depressione

Da “Autobiografia” 1924 Di Umberto Saba
….quando nacqui mia madre piangeva, sola, la notte, nel deserto letto. Per me, per lei che il dolore struggeva, trafficavano i suoi cari nel ghetto...... …. io, come in sogno, mi ricordo ancora. Ma di malinconia fui tosto esperto; unico figlio che ha lontano il padre.

Da queste esperienze precoci di dolore, di solitudine, di abbandono, di “deserto” di sentimenti si struttura la personalità (o come diciamo in psicosintesi una subpersonalità) depressiva, improntata alla tristezza, alla quiescenza, al ritenere inevitabili e soverchianti le esperienze di dolore rispetto a quelle di piacere, alla incapacità alla autoaffermazione.
Un bambino prima e un adulto poi tendente alla timidezza, alla ritrosia, al rimanere dietro le quinte, all'ombrosità e scontrosità di carattere o, al contrario, sempre disponibile, sempre aperto e cordiale e ridanciano presentandosi come personaggio gioviale che copre e maschera la depressione sottostante.
Entrambe le configurazioni sono difese da dolore. Le difficoltà ad affermarsi e a trovare e mantenere il proprio posto nel mondo tendono così ad essere soggiacenti rispetto alle prevaricazioni dalle quali non si è imparato a difendersi.
Vivere a lato della vita, ai suoi margini o con la sensazione di non vivere abbastanza perchè non ha mai fatto l'esperienza della pienezza e completezza appaganti. Inoltre avrà la compiacenza come sua cifra esistenziale prevalente in quanto bisognoso di essere al centro dell'attenzione di qualcuno, non riuscendo ad essere al centro dell'attenzione di se stesso.
Mantenere i rapporti stretti e vincolanti soprattutto quelli coi famigliari, diviene per lui una necessità, sia per evitare di riacutizzare l'antico trauma dell'abbandono, sia perchè vive se stesso come estremamente povero e incapace di fare da solo. Prevale in lui la bisognosità.

Panico

Da ”La rovina della casa degli Usher” dei Racconti del terrore di E. Allan Poe
All'improvviso una luce livida riempì la strada, e mi voltai per vedere da che luogo potesse provenire, col suo splendore così strano: giacche soltanto la vasta ombra del castello stava dietro di me. Ma la luna piena, color di sangue, splendeva ora attraverso la fessura (una volta appena visibile) che ho detto come percoresse la facciata a zig zag dal tetto alle fondamenta. Mentre guardavo, la spaccatura si ingrandì rapidamente; sopravvenne un un furioso turbine di vento; subito l'intero disco della luna si presentò ai miei occhi e il cervello mi venne meno al vedere che le possenti muraglie crollavano....

Colpisce in questa descrizione il senso del ”venir meno”, dell'essere inghiottiti in una situazione senza via di fuga e di perdita di orientamento . E' qualcosa di simile che prova chi è sofferente di attacchi di panico.
Questa sintomatologia è diventata nella nostra società sempre più frequente. Nelle nostre zone padano emiliane, così provate nel recentissimo passato da catastrofi naturali, incontro spesso persone che vivono un acuto sentimento di precarietà, di transitorietà, di impotenza.
Accanto alla sintomatologia classica si possono presentare altri sintomi più mascherati che sono comunque riconducibili al panico quali: enuresi e encopresi, sudorazioni notturne profuse, sensazioni alterne di caldo e di freddo, pavor nocturnus.